Non vi nascondo che il fascino del Giappone continua a colpirmi anche se una certa paura per le continue scosse sismiche c’è. Immagino i ciliegi in fiore di primavera e la vita frenetica che, nonostante tutto non si ferma mai. Uno spettacolo orientale diverso totalmente dal nostro modo di vivere. A partire dalle leggende che spesso vi riportiamo e che, personalmente, mi piacciono molto. Voi la conoscete la storia della luna e la stella? Noi la riportiamo per voi:
C’era una volta una matrigna la quale, in assenza di suo marito, che si era recato a Edo, cercò di uccidere la sua figliastra Otsuki. Le preparò arancini di riso avvelenati, mentre alla propria figlia Ohoshi diede arancini di riso con zucchero, avvertendola “mia cara Ohoshi, mia cara Ohoshi! Bada a non mangiare gli arancini di tua sorella perché sono avvelenati.”
Quando le due fanciulle si furono allontanate da casa, Ohoshi tirò la sorella per una manica e disse “Cara sorella! Andiamo a giocare là?”. La condusse quindi in riva ad un fiume “Butta in acqua i tuoi arancini e mangia i miei!” Glieli fece gettare in acqua e le diede metà dei suoi.
Quando la madre si accorse che Otsuki, non aveva mangiato gli arancini avvelenati, studiò un nuovo piano e disse a Ohoshi “Mia cara Ohoshi! Stasera voglio uccidere tua sorella con la lancia! Non dirle nulla!”
Ma Ohoshi ebbe compassione e disse tutta sconsolata alla sorella “Mia cara sorella! Stasera coricati con me nel mio giaciglio!”. E in quello di Otsuki mise una zucca d’acqua piena di succo rosso. Verso mezzanotte, la matrigna scese al primo piano con in mano una lunga lancia e la conficcò nel giaciglio di Otsuki. “Um” fece la lancia, e la punta si colorò di rosso sangue. La donna credeva che Otsuki fosse morta e tornò di sopra a dormire. Il mattino seguente chiamò come al solito “Otsuki! Ohoshi! Su,è ora di alzarsi!”.
Le due fanciulle risposero allegre come sempre e si alzarono. La matrigna si spaventò “Ora non mi rimane altro che abbandonarla sui monti!” pensò, diede a un tagliapietre un’ingente somma di denaro e gli fece preparare una bara di pietra.
Poi chiamò a sé Ohoshi e disse “Mia cara Ohoshi! Ora faccio portare tua sorella al fiume lontano tra i monti. Non dirle nulla!”
“Come intendi abbandonare mia sorella?”
“La faccio portare fra i monti in una bara di pietra”
Ohoshi corse allora dal tagliapietre e lo pregò di praticare un piccolo foro nella bara. Alcuni giorni dopo, la bara di pietra era pronta e Otsuki doveva essere portata con quella sui monti desolati. Quando fu sul punto di essere messa dentro la bara, sua sorella le si avvicinò con un grande sacchetto di semi di colza e le sussurrò “Mia cara sorella! Getta a uno a uno i semi di colza attraverso il foro. Quando verrà la primavera, la neve si scioglierà e la colza fiorirà e io verrò a salvarti”. La bara in cui giaceva Otsuki fu portata al fiume tra i monti selvaggi e interrata.
Venne primavera, la neve si sciolse, e l’erba crebbe. Ohoshi disse “Mia cara mamma! Oggi vado sui monti a raccogliere sedano. Dammi un’ascia!”. E uscì di casa con un’ascia. Dall’estremità del paese fino ai piedi del monte e poi ancora oltre si snodava una gialla fila di fiori di colza. Ohishi seguì i fiori fino a quando ci fu un gran silenzio e non si udì più neppure il canto degli uccelli. Si trovava ora in riva a un ruscello dalle acque scure e in quel punto vide i fiori di colza crescere in cerchio. Capì di essere giunta nel punto in cui era sepolta sua sorella. Incominciò a scavare con l’ascia che si era portata appresso e ben presto urtò con fragore contro il coperchio della bara. Ohoshi cercò ora di sollevarlo aiutandosi con l’ascia, ma invano. Lo spinse allora con quanta forza aveva.
All’inizio non ricevette alcuna risposta, poi però percepì un’esile voce “Si?”
“Ah, vive ancora” pensò Ohoshi e prese di nuovo forza. Chiamò per nome sua sorella e spinse di nuovo il coperchio con tutte le sue forze. Ed ecco che esso si spostò completamente di lato. Ohoshi, tutta contenta, estrasse sua sorella fuori dalla bara .Essa era cieca,p erché aveva pianto giorno e notte. Quando però Ohoshi l’abbracciò, le lacrime del suo occhio sinistro caddero nell’occhio destro di Otsuki, ed ecco che questa poté di nuovo vedere. E quando le lacrime dell’occhio destro di Ohoshi caddero sull’occhio sinistro di Otsuki, anche l’occhio sinistro riacquistò la vista. E quando le lacrime di Ohoshi caddero nella bocca di Otsuki, questa guarì a vista d’occhio e poté piangere a sua volta. Ora le due sorelle si abbracciarono e piansero a lungo.
In quel mentre passò il principe che stava andando a caccia con il suo seguito. Quando apprese la loro storia, ebbe pietà di loro, le fece montare sul suo cavallo e le condusse al suo castello. Un giorno, mentre stavano guardando entrambe dalla finestra, videro per strada un vecchio mendicante cieco che accompagnandosi con i campanelli cantava:Se avessi con me Otsuki e Ohoshi
Non dovrei suonare la campanella.Otsuki e Ohoshi esclamarono “Dev’essere nostro padre!” e lo rincorsero. Era cieco, ma era veramente il loro padre. Di ritorno da Edo, infatti,non aveva più trovato a casa Otsuki e Ohoshi e per la tristezza aveva cercato le sue figliole per mari e monti.
Ora padre e figlie si riabbracciarono e piansero; e le lacrime di Otsuki caddero sull’occhio sinistro del padre, quelle di Ohoshi sul suo occhio destro. Ed ecco che gli occhi del vecchio poterono di nuovo vedere. Al colmo della felicità andarono insieme dal principe, che si rallegrò a sua volta e li lasciò abitare per sempre tutti e tre nel suo castello.
E dopo la morte, le due fanciulle andarono in cielo e diventarono luna e la stella più brillante del cielo (ovvero Sirio).