Il Carnevale di Bosa o karrasegare, com’è ancora chiamato nel dialetto locale, in passato poteva iniziare in due date diverse, per Capodanno o con la festa di Sant’Antonio Abate. Il Carnevale si divide in due parti principali che costituiscono i giorni più importanti della festa: la prima, chiamata laldaggiolu, è la festa che precede il Giovedì grasso mentre la seconda è rappresentata dall’ultimo giorno di Carnevale. Durante il Lardazholu gli abitanti di Bosa fanno una colletta per potere organizzare una cena, mentre il Giovedì grasso la cittadina è animata dalle canzoni e dai balli di gruppi in maschera, che in cambio degli spettacoli offerti ricevono dalla popolazione generi alimentari. Il Sabato viene organizzato con successo da qualche anno la Festa delle Cantine, in cui i generosi proprietari invitano i visitatori e la popolazione locale alla degustazione di piatti tipici e buoni vini. Nei giorni precedenti il Martedì grasso, culmine della festa, risuonano per il paese i versi di canzoni scritte appositamente per l’occasione e spesso con lo scopo di sbeffeggiare le persone che durante l’anno non si sono comportate bene, in particolar modo gli amministratori. L’atteso Martedì grasso è caratterizzato dal lamento funebre de S’Attittidu e dalla presenza delle maschere vestite con il tradizionale costume per il lutto e con in braccio o in carozzina delle bambole mutilate. La tradizione vuole infatti che, durante la notte che precede il Martedì grasso, molti bambini siano stati abbandonati dalle loro madri attratte dal Carnevale. Con il calare del sole gli abitanti di Bosa indossano le caratteristiche maschere e abiti bianchi e vagano per le strade del centro del paese alla ricerca del Giolzi Moro, che rappresenta la caccia al karrasegare che scappa. Per concludere si accende un enorme falò per bruciare il pupazzo del Giolzi.
Via | Belpaese