Cuba, la patria del sigaro

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La produzione artigianale a Cuba, trova la sua massima espressione sicuramente nei sigari e come per il rum si tratta di una una usanza abbastanza radicata nel tempo visto che già nell’antichità era uso comune fumare foglie di tabacco arrotolate presso le tribù indocubane.  Questo ben prima dell’arrivo di Colombo. Il tabacco era essiccato e poi aspirato nel corso dei riti religiosi per invocare le divinità. I conquistadores non fecero altro che esportare e confezionare questo prodotto e farlo conoscere in tutta Europa.

Il sigaro cubano si può fare a mano o a macchina. La prima lavorazione riguarda la parte più interna formata da foglie di tabacco intere, selezionate per ottenere l’aroma caratteristico, mentre la seconda riguarda le foglie tranciate. Il nucleo o tripa è sostenuto da una sottofascia, il capote per restare ben fermo. La testa, invece, è la parte iniziale e si taglia prima di fumarlo. Il processo di preparazione però è piuttosto laborioso ma non può prescindere da foglie ampiamente selezionate.

 

Non meno importante è anche il rum sia come bevanda a sè che come base per i cocktail che vengono abitualmente consumati.  Sin dai tempi dei pirati se ne produceva una forma arcaica, ma dopo vari esperimenti alcuni dei quali ben riusciti fu Facundo Bacardi a presentare la sua particolare fase di distillazione che è utilizzata ancora oggi. Attualmente sono molto severe le regole di produzione e non mancano degli esperti assaggiatori che scartano il rum che non è perfetto nel colore e in tutte le sue caratteristiche peculiari.Il più famoso al mondo resta l’Havana Club e a seconda del tipo di invecchiamento prende uno specifico nome. C’è quindi il Silver Dry, i carta blanca di tre anni, i carta oro di cinque anni e i pregiati anajos di oltre sette anni. Il rum è anche usatissimo nei cocktail e oggi è tra le bevande più consumate al mondo.