Il documentario “Valdagno, Arizona”, firmato dal collettivo Pyoor, è stato selezionato tra i film partecipanti de Le Giornate degli Autori della 68° Mostra internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Il filmato ripercorre l’esperienza di Umberto Marzotto, cantante e autore dalla carriera altalenante che, all’alba dei 50 anni, segue un sogno che lo porta in Arizona.
Valdagno, Arizona da un lato racconta tutto il fascino della “mitologia indiana” con il suo misticismo, le tradizioni, la cultura, la morale; dall’altra descrive una società Nativo Americana contemporanea incredibilmente moderna e ben organizzata, che guarda al futuro senza alcun rimpianto. Il titolo del documentario si può leggere come un’iperbole o come un itinerario, valido in entrambi i sensi di marcia. Umberto Marzotto, e con lui anche lo spettatore, parte da un piccolo paese del Veneto, Valdagno, una “città sociale” costruita dalla sua famiglia attorno alle fabbriche del tessile, per arrivare a Leupp, prima autentica “città indiana” costruita nel deserto dell’Arizona.
“Valdagno, Arizona” è singolare quanto ambizioso, a partire dall’assenza deliberata dell’autore. Chi firma è infatti un collettivo che si chiama Pyoor e segna l’esordio di un progetto che intende andare oltre l’egocentrismo diffuso di chi si esprime attraverso il cinema e oltre i confini di un mondo globalizzato e che si interroga sempre più spesso su quale potrà essere il suo futuro.
Marina Marzotto portavoce del collettivo Pyoor afferma:
Pyoor nasce con la volontà di esaltare la ricchezza nella diversità, di raccontare altri modi di vita in un momento in cui il modello dominante è fortemente in crisi, così Valdagno, Arizona porta a confronto diversi punti di vista frammentando la visione unica della realtà.
Pyoor Native American è un progetto articolato che comprende: il documentario “Valdagno, Arizona”, il disco “Native American” scritto da Scott Donaldson e Umberto Marzotto con la partecipazione di Mary Youngblood, Jana Mashonee, Jonny Rosch e Tony Redhouse e un libro ideato dalla nota fotografa e gallerista londinese Susannah Baker-Smith.