Tradizioni di grande suggestione, retaggio per lo più del passato di dominazione spagnola o in alcuni casi ancora imperniate dalla vivace cultura arbëreshe: sono i tasselli di un puzzle complesso che rende più stimolante del solito un viaggio in Sicilia durante la Settimana Santa.
Il ballo dei diavoli
Fra le celebrazioni più singolari c’è il Ballo dei Diavoli a Prizzi. In questo borgo in provincia di Palermo nelle giornate scandite dai ritmi della Settimana Santa va in scena l’eterna lotta fra bene e male con figuranti dai costumi caratteristici e di impatto: c’è la Morte, vestita di giallo e munita di arco e balestra; ci sono i Diavoli, riconoscibili per le tute rosse e i visi nascosti da maschere metalliche e corna. Insieme, in un rincorrersi vorticoso, la domenica di Pasqua bussano alle abitazioni, corrono, saltano, per catturare le anime dei passanti. Nel pomeriggio l’incontro tra Gesù e la Madonna e la sconfitta dei diavoli da parte degli angeli armati di spada.
Gli archi di Pasqua
Meno “movimentata” ma non meno suggestiva è la bella festa degli Archi di Pasqua che invece viene organizzata a San Biagio Platani (Palermo) fin dalle origini della storia del paese, nel 1635. Protagoniste sono le Confraternite devote al Cristo e alla Madonna: i Signurara e i Madunnara che realizzano davanti alla chiesa Madre due spettacolari archi contrapposti raffiguranti le effigie della Madonna e del Cristo Risorto. Durante il venerdì Santo e la tradizionale processione le strutture vengono mantenute spoglie di ogni ornamento ad eccezione del rosmarino, simbolo ancestrale del lutto e della penitenza. Si colorano invece nel giorno di Pasqua, con decorazioni di fiori, pane, dolci, arance. Nei laboratori delle confraternite – fra loro molto competitive – vengono realizzati quadri-mosaico con cereali dai Madunnara e con rafia e iuta dai Signurara. La festa si protrae fino a quattro settimane dopo Pasqua, ma per chi non avrà la fortuna di trovarsi in quei giorni a San Biagio la pro loco cura un museo e un tour virtuale in 3D sul proprio sito web per consentire a tutti di passeggiare sotto gli archi nei diversi periodi dell’anno.
I riti greco-bizantini
Le celebrazioni cattoliche della Pasqua con rito greco-bizantino sopravvivono nei centri arbëreshe di Piana degli Albanesi, Contessa Entellina, San Cristina Gela, Mezzojuso e Palazzo Adriano. Le solennità ripercorrono momenti salienti come la lavanda dei piedi nel giovedì santo, la Passione del venerdì fino al Pashkët, il Solenne Pontificale di Pasqua celebrato con i canti della resurrezione del Kristòs anésti, il Cristo risorto.
La processione dei misteri
Manifestazione religiosa fra le più antiche d’Italia, e sicuramente la più lunga, è la processione dei Misteri di Trapani, seguita ogni anno da migliaia di fedeli e spettatori provenienti da tutta la penisola e anche dall’estero. Un corteo umano arricchito dalle melodie struggenti delle bande e dalle luci soffuse delle candele accompagna per le strade della città, dalle 14 del venerdì santo per circa ventiquattro ore, i venti misteri, le raffigurazioni artistiche della Passione e della Morte di Cristo. Si compongono di diciotto gruppi e dei due simulacri di Gesù Morto e di Maria Addolorata, opere realizzate dalle mani sapienti degli artigiani trapanesi del XVII e XVIII secolo, addobbate con preziosi ornamenti – tenuti segreti fino all’ultimo dalle maestranze che curano i diversi gruppi – e portate a spalla dai massari. Il ritmo della loro andatura è un’altra peculiarità: l’annancata, il procedere in modo ondulatorio. La devozione che il popolo riserva a questa tradizione è palpabile perché il rito ha mantenuto nei secoli un impatto emotivo notevole. Le scinnute dei Misteri hanno inizio in realtà già in concomitanza con il primo venerdì di Quaresima. Poi gli appuntamenti della Settimana Santa: la processione della Madre Pietà dei Massari il martedì (dalla chiesa del Purgatorio), quella della Madre Pietà del Popolo il mercoledì (dalla chiesa Maria SS. Addolorata) e la celebrazione della Passione di Cristo il venerdì, con i Misteri.
Gli incappucciati
Gli incappucciati di Enna sono un’altra immagine simbolo delle celebrazioni siciliane della Pasqua, anche in questo caso mutuate dal periodo di dominazione spagnola fra il XV e il XVII secolo. Si va dal ricordo dell’entrata di Gesù a Gerusalemme la domenica delle Palme alle processioni che culminano il venerdì santo con le due grandi processioni, una con il Cristo morto e l’altra con la Madonna Addolorata, che al ritmo scandito da marce funebri partono dai lati opposti della città e convergono verso il Duomo.
Di qui il corteo degli incappucciati, centinaia di figuranti con i costumi tradizionali della confraternita di appartenenza. Nei paesi della provincia una Settimana Santa particolare è anche quella che si vive ad Aidone, dove nel 1960 quando il vescovo sospese la Giunta di Pasqua ci fu una vera e propria rivolta popolare. I protagonisti sono ancora le confraternite, sette, insieme ai lamentatori, che eseguono antichi canti in dialetto, e ai santoni, statue alte circa tre metri e cave all’interno che rappresentano i dodici apostoli.
La processione dei misteri
Un tuffo in una dimensione drammatica e mistica anche a Caltanissetta, con la tradizionale processione dei Misteri inaugurata alla fine del ‘700 per volere della Congregazione di San Filippo Neri. Riti e momenti di partecipazione corale scandiscono tutti i giorni della Settimana Santa: dalla processione durante la domenica delle Palme col simulacro di Gesù Nazareno su una barca coperta di fiori, per proseguire il martedì con la rappresentazione dell’Ultima cena e la scinnenza, la Passione di Gesù; il mercoledì la sfilata della Real Maestranza che raccoglie tutte le categorie artigianali che tuttora operano sul territorio e, nel pomeriggio, la processione delle Varicedde, i piccoli simulacri un tempo portati a spalla dai lavoranti e dai ragazzi di bottega. Giovedì tocca alle Vare sfilare, che rappresentano le stazioni della Via Crucis, mentre il venerdì santo ci si raccoglie intorno alla processione del Cristo Nero, un piccolo crocifisso ligneo del XV secolo, oggetto di forte venerazione da parte dei nisseni.