E’ un lungo racconto questo, ambientato in Sicilia e precisamente a Messina in un periodo molto difficile per l’isola. Ecco la leggenda del “Vascelluzzo”, molto nota nella Trinacria:
Verso la fine del XIII secolo a Messina ci fu una tremenda carestia aggravata dalla discordia che c’era fra gli amministratori messinesi e quelli stranieri presenti in città: questi ultimi infatti non si interessavano di fare coltivare il terreno in modo che la gente potesse nutrirsi.
Grazie ai “Vespri siciliani” Messina e Palermo si erano liberate dal dominio Angioino, chiamando come re della Sicilia Pietro III D’ Aragona e dopo di lui Giacomo, poi Federico II D’Aragona. Prima di stabilire la pace di Caltabellotta, gli Angioini cercarono di riconquistare le città perdute nella guerra, soprattutto Messina.
Roberto D’Angiò, duca di Calabria, figlio di Carlo II e re di Napoli, per assalire Messina mandò il suo esercito a Catona e assediò Reggio Calabria, in modo che essa non potesse aiutare Messina. Questa, non potendo procurarsi il cibo, cominciava a languire.
In quel momento, Messina era sotto il dominio di Federico II D’Aragona.Vedendo che tutta la città era in crisi, egli fece andare via tutte le persone che non erano abili al lavoro, ma, nonostante ciò, la situazione era sempre più grave. Allora Nicolò Palizzi gli suggerì di andare da Santo Alberto da Trapani che già da allora veniva considerato santo per alcuni grandi prodigi che aveva fatto.
Il giorno seguente, Federico II, insieme alla sua corte, si diresse alla chiesa del Carmine in cui Sant’Alberto officiava la messa. All’offertorio egli cominciò a pregare per tutto il tempo e dopo che finì, una voce dal cielo parlò dicendo:” EXAUDIVIT DUES PRECES TUAS!” che significa: “Dio ha esaudito le tue preghiere”. Tutta la gente a queste parole si rallegrò perché sapeva di poter contare sulla grazia di Dio.
Poco prima che i fedeli uscissero dalla chiesa si videro tre navi i cui equipaggi scaricarono del grano quasi senza parlare; le navi se ne ritornarono da dove erano venute, ma non si sa dove.
Fu ferma convinzione dei messinesi che le navi fossero state mandate dalla madonna; da allora da quell’avvenimento nacque la tradizione del “vascelluzzo”.
I fedeli e la corte di Federico corsero ai piedi del santo ringraziandolo, lui li benedì, lì esortò a credere in Dio e nella Madonna della Lettera e ritornò nella sua umile cella.
Quattro giorni dopo arrivarono altre quattro navi cariche di vettovaglie sfuggite alla flotta avversaria. Roberto D’angiò , vedendo che ormai non poteva prendere Messina per fame, si arrese e stabilì un trattato di pace con Federico II D’Aragona.
La leggenda narra che in quei giorni accadde un fatto straordinario simile a questo: una signora vestita di bianco fu vista passeggiare tranquillamente sugli spalti delle mura con lo stendardo di Messina, un francese lanciò una freccia contro di lei, ma la freccia ritornò indietro, colpendo in un occhio l’arciere.
Ed ecco che anche in questa occasione la Madonna della Lettera fu presente e difese Messina.
Sant’Alberto morì nel 1307 nel Villaggio Pace e fu celebrata una messa funebre nel duomo allora chiamato Santa Maria.
Quando Federico II fece alloggiare i suoi cavalli nel convento del Carmine, trasformando in stalla proprio la chiesa in cui era sepolto Sant’ Alberto, un male misterioso colpì prima i cavalli e poi i soldati stessi che morirono tutti. Si aprì poi la tomba di Sant’ Alberto che fu trovato in ginocchio in atto di chiedere la punizione per il profanatori.
Dal libro “Santi, Banditi, Re, Fate e … Odori”