Gli esperti lo dicono da tempo, eppure senza una prova concreta quasi nessuno è disposto a credere o a non ritenere che in fondo stiano esagerando. Ecco perchè ora che la situazione è al limite l’ansia e la preoccupazione di tutti comincia a concentrarsi sulle Dolomiti che continuano a sgretolarsi. Mese dopo mese non mancano i crolli e l’ultimo risale a qualche giorno fa sul Latemar che infatti ha rovinato pesantemente il sentiero che porta al rifugio Torre di Pisa, sopra la seggiovia Absam-Mayerl, tra Oberggen e Pampeago. Non si sono registrati danni a persone, per fortuna, ma continuando così è solo questione di tempo perchè non sempre gli escursionisti avranno il tempo di mettersi in salvo.
Queste montagne così belle e imponenti da essere diventate Patrimonio Unesco, in realtà sono interessate dai crolli da tanto tempo come ha spiegato al Corriere della Sera il direttore dell’ufficio geologico della Provincia, Volkmar Mair confermando però che adesso la frequenza si moltiplica costantemente o forse grazie ai cellulari aumentano le segnalazioni: “Al di sopra dei 2500 metri di quota i crolli sono destinati ad intensificarsi a causa dello scioglimento del permafrost, cioè il ghiaccio che riempie i crepacci, quel terreno che ad alte quote era perennemente sotto zero e faceva da collante per la struttura fragile delle guglie di roccia dolomitica. Tra agosto e settembre si sono verificati moltissimi crolli, molti dei quali legati proprio allo scioglimento del permafrost”.
Incredibili cambiamenti in tal senso, si sono registrati in valle Aurina sul picco dei tre Signori e in alta Venosta tra Ortles e Gran Zebrù. Mair ha quindi concluso: “Questi crolli sono assolutamente naturali e tipici per le Dolomiti e le vaste falde di detrito alla base delle pareti dolomitiche sono il risultato di migliaia di crolli negli ultimi 15mila anni. È un fenomeno con cui dobbiamo convivere. Non ci sono stati solo innalzamenti, ma anche disgregazioni. Il paesaggio non è eterno, ma in continua evoluzione”.