Separarsi nei tribunali UE
“La scorciatoia per porre fine ad un matrimonio sbagliato e’ data dal regolamento 44/2001 del Consiglio Europeo che disciplina il diritto commerciale ma anche quello privato europeo: esso lascia dedurre la possibilita’ di pronunciare una sentenza di divorzio da parte di un qualunque Tribunale dell’Ue a patto che i coniugi siano stabilmente residenti in quel Paese”: la prassi richiede almeno da 6 mesi ma non c’e’ una norma transitoria che lo specifichi in modo piu’ chiaro. L’iter e’ questo: si prende in affitto un appartamento all’estero, ci si fa intestare il contratto di affitto incluse le bollette ed infine si chiede la residenza. Sei mesi dopo si fa istanza di divorzio al tribunale straniero prescelto ed in pochi mesi si torna in Italia con una copia conforme della sentenza di divorzio che l’ufficiale di stato civile italiano dovra’ semplicemente trascrivere. Tali documenti debbono essere solo apostillati, cioe’ tradotti in italiano con dichiarazione dell’interprete sulla fedelta’ del testo all’originale. Secondo Gassani, ”questi divorzi non entrano nel calderone del censimento Istat, la cui scheda dev’essere compilata soltanto presso i Tribunali italiani all’interno dei quali si celebrano le separazioni ed i divorzi’‘.
Le stime dei viaggi per divorzio all’estero
Questi i numeri secondo l’Ami: ”Stime di settore calcolano che, negli ultimi 5 anni almeno ottomila coppie italiane hanno divorziato all’estero. E’ assolutamente evidente che molti di questi divorzi italiani in terra straniera spesso siano frutto di vere e proprie frodi processuali atteso che non sempre i certificati di residenza rispondono a verita’”. ”Al di la’ di tali considerazione emerge il dato incontrovertibile che il nostro diritto di famiglia, ancorato a vecchi schemi e caratterizzato da lungaggini burocratiche insopportabili non e’ piu’ tollerato dagli italiani. Fin quando il Legislatore e la giustizia italiana non saranno in grado di accelerare i tempi dei divorzi, dobbiamo mettere assolutamente in preventivo nei prossimi anni un vero e proprio esodo di massa di coppie che sceglieranno i Paesi con noi confinanti per mettere la parola fine al loro matrimonio. Senza dubbio quest’ultimo fenomeno rappresenta uno schiaffo ad un Paese come il nostro da sempre invidiato dal punto di vista giuridico ma da sempre condannato dalla Corte Europea per l’insopportabile attesa che i cittadini italiani devono subire prima di ottenere una sentenza”, conclude Gassani.
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