A causa dell’altitudine media di 4.900 m, è chiamato anche Tetto del Mondo.
Storia & Origini
Il Tibet rimase per molto tempo un mito geografico per il grande pubblico occidentale. Lo s’immaginava come un altopiano inospitale, spazzato dai venti e dalla neve, separato dal mondo da formidabili barriere montuose. Al mistero dell’inaccessibile si aggiungeva il fascino dell’altitudine. L’elevazione topografica del ‘tetto del mondo’ presuppose la conseguente elevatezza di vedute dei suoi abitanti. Lo s’immaginò popolato quindi di ’saggi’ e di ‘mistici’, fluttuanti fra terra e cielo nel rapimento dell’estasi o immersi in profonde meditazioni in fondo alle grotte. Mistero e magia furono due luoghi comuni senza i quali il Tibet in quel periodo non poteva essere presentato sulle copertine dei libri o nei manifesti delle conferenze. Quando la realtà tibetana fece di colpo irruzione sulla scena internazionale negli anni cinquanta, si rivelò del tutto diversa, ben più prosaica, quasi drammatica.
La storia propriamente conosciuta e documentabile del Tibet inizia nel 617 d.C.; dopo secoli di autonomia arrivò ad espandersi comprendendo parti della Cina. Dal XIII secolo divenne Stato vassallo dell’Impero Mongolo (che conquistò anche la Cina), poi (dal 1368 al 1644) della dinastia cinese Ming; per ultima, la dinastia cinese Qing (1644-1911). Dal 1911 il Tibet divenne uno Stato indipendente. Nello stesso anno ebbe fine l’Impero Cinese, che si trasformò in “Repubblica di Cina”: nel 1949 si divise poi in Repubblica Cinese (Taiwan) e Repubblica Popolare Cinese. L’invasione del Tibet da parte della Repubblica Popolare Cinese iniziò nel 1949-1950[1] e la quasi totalità del territorio tibetano è ora sotto la sua sovranità.
La cultura Tibetana
La cultura tibetana ha prosperato su una vasta area geografica (3.800.000 kmq circa) che supera di gran lunga le frontiere dell’attuale regione autonoma del Tibet (fondata nel 1965) e include le regioni tibetane delle province di Gansu, di Qinghai, di Sichuan e di Yunnan ad est, così come le alte vallate himalayane a sud, dal Ladakh fino al Bhutan. Quasi ovunque la configurazione geografica è segnata da elevate altitudini, con una media intorno ai 4500 metri, e con un rilievo montuoso dalle proporzioni spesso grandiose.
Le scoperte archeologiche, ancora limitate, documentano la presenza umana sull’altopiano tibetano a partire almeno dal medio paleolitico, circa 50.000 anni fa. Gli storiografi cinesi considerano i tibetani del VII secolo, che si erano da poco unificati in un potente reame, come un ramo dei Qiang, un antico popolo ai confini nord-ovest della Cina che si era progressivamente stabilito lungo le sue province occidentali. Infatti, le popolazioni (circa sei milioni) che appartengono all’area culturale tibetana sono evidentemente d’origini diverse: alcune, in un primo tempo considerate come straniere, furono poi assimilate con il passare del tempo, grazie anche ai numerosi movimenti migratori avvenuti nel corso dei secoli. La grande estensione geografica, l’altitudine e gli spazi disabitati hanno ulteriormente accentuato la diversità fra le varie regioni.
Popolazioni
Le popolazioni così dette tibetane si ripartiscono in due grandi categorie secondo i diversi habitat ed i modi diversi di vita: gli allevatori nomadi e gli agricoltori sedentari. I primi praticano l’allevamento estensivo degli yak, dei montoni e delle capre da cui ricavano l’essenziale per la loro sussistenza, sia sull’altopiano del nord e dell’ovest, così come nelle steppe d’altura che separano le regioni agricole situate nelle valli meridionali e orientali. Gli agricoltori, che rappresentano la grande maggioranza della popolazione, ricorrono generalmente a un tipo di produzione mista che associa l’allevamento alla coltivazione dell’orzo (alimento base), del grano, dei piselli e del grano saraceno. Essi coltivano anche del mais, del miglio o del riso, quando il clima lo consente.
Periodo del viaggio
Le stagioni migliori per visitare il Tibet sarebbero la tarda primavera o inizio autunno, periodo in cui i monsoni, che portano nuvole e pioggia, sono lontani. Noi l’abbiamo visitato in agosto, in pieno periodo monsonico; abbiamo avuto alcuni problemi per allagamento di alcune strade, ma non ci ha condizionato il viaggio. Unico neo, i cieli non sono mai limpidi e quindi non siamo quasi mai riusciti a vedere le montagne himalaiane.
Luoghi da non perdere
Lhasa: con il maestoso Potala, residenza del Dalai Lama. Il Barkhor cintura di vie intorno al monastero di Jokhang, cuore della vecchia Lhasa, dove si possono incontrare un misto di religiosità e di economia. Il palazzo di Norbulinka, residenza estiva del Dalai Lama.
Dintorni di Lhasa: il monastero di Drepung e Sera, interessanti per la loro posizione e architettura, sono da non perdere soprattutto se ci imbattiamo nella festa di estensione del Tangkha (dipinto religioso di misure enormi)
Monastero di Samye: molto bello nel complesso con vari stupa e due templi: del sole e della luna. E’ un luogo imperdibile per le difficoltà da affrontare per essere raggiunto. Si attraversa un grande fiume con una chiatta. All’arrivo sull’altra sponda veniamo prelevati da un camion e dopo mezz’ora circa siamo a destinazione. Il monastero è meta di moltissimi pellegrini provenienti dalla zone più remote della regione.
Monastero di Ganden:è situato sulle montagne a circa 4500 m, dalla sua sommità si gode una splendida vista sulla valle. E’ molto interessante per i colori ocra di quasi tutti gli edifici del complesso, i monaci sono molto cordiali e dopo le ore di preghiera vederli fuori dal monastero è un esperienza imperdibile. Molto interessante il kora intorno al monastero.
Shigatse: Seconda città del Tibet, ha nel monastero di Tashilhumpo la sua metà principale. Sono comunque da visitare il quartiere tibetano ed il forte.
Gyantse: deve la sua fama al bellissimo Kumbum, da visitare anche il monastero di Pelkor Chode.
Yumbulugang: monastero fortezza che sorge sulla valle dello Yarlung, merita la visita per la particolare ubicazione su uno sperone di roccia da cui si ha una magnifica vista sulla valle circostante.
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