Castelluccio di Norcia: alla scoperta delle tradizioni dei monti Sibillini

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Lungo la Valnerina, la strada che da Spoleto attraversa l’Umbria, il fiume Nera ha modellato una delle più selvagge valli appenniniche, interrotta da Norcia, la città di San Benedetto, che sorge tra boschi di querce e di lecci a 1300 metri d’altezza, al confine con le Marche. Proseguendo sulla strada che sale tra tornanti fino a quasi 1500 metri, dietro a una curva a gomito, si scorge la “piana grande” di Castelluccio di Norcia, un bacino carsico lungo 7 chilometri e largo 3, circondato dai monti Sibillini. In fondo all’enorme altopiano spicca un poggio dove sorge isolato e austero il borgo di Castelluccio, il più impervio degli Appennini, completamente sommerso nella neve durante il lungo inverno. Arroccato a 1.452 metri d’altezza e costruito nel Medioevo come fortezza per difendere il territorio, dell’antica struttura oggi restano la porta d’ingresso, che conduce alla chiesa di S. Maria Assunta, e alcune stradine costruite a terrazze concentriche. Tutt’intorno il terreno è coltivato a lenticchie, segale e orzo.

L’INFLORATA
Dal mese di giugno a metà luglio nell’altopiano si festeggia l’Infiorata, la festa della fioritura, dove la monotonia cromatica del pascolo invernale viene spezzata da un mosaico di colori, con variazioni di toni che vanno dal giallo ocra al rosso. La piana diventa un giardino di fiori da campo, la cui mappa di colori esalta la bellezza e la poesia di questo paesaggio magico. I grigi e i verdi delle graminacee e il rosso dei papaveri si affiancano al bianco dei narcisi e all’azzurro dei fiordalisi; il giallo dei ranuncoli, il blu delle genziane, lo scarlatto dei garofani selvatici e la varietà dei tulipani si mescolano con il verde scuro dei prati e quello pastello dei pascoli. Anche le lenticchie, pilastro della gastronomia e dell’economia locale, contribuiscono alla spettacolare varietà di toni con i loro fiori gialli e azzurrognoli. La festa dell’infiorata è un omaggio alla generosità della natura, che qui fa venir voglia di gioire e di innalzarsi in volo come un uccello. Non è un caso, infatti, che il borgo – considerato uno dei centri di parapendio e deltaplano più famosi d’Europa – ospiti gli amanti del volo, incoraggiati dal vento che soffia forte e dai soffici prati, ideali per l’atterraggio. Qui d’estate la scuola nazionale di volo libero Prodelta (www.prodelta.it), attiva dal 1976, organizza corsi e raduni con amanti del parapendio provenienti da tutto il mondo.

LA TRANSUMANZA SUI MONTI SIBILLINI
Proprio in questi giorni si ripete anche un altro rito legato alla natura che dura da secoli: i pastori con le greggi percorrono le praterie fino ai monti Sibillini, che circondano come una corona l’altopiano di Castelluccio. Ovunque è un trionfo di colori perché anche i monti hanno una loro gradazione: li chiamano ‘azzurri’, ma il soprannome vale solo se li si osserva da lontano, quando le cime più alte si stagliano all’orizzonte con i loro profili color indaco. Da vicino, invece, la catena montuosa riacquista una sorprendente gamma di tonalità: l’ocra, il grigio e il bianco spiccano sulle pareti del Pizzo del Diavolo, del monte Vettore e del Bove. Salendo di quota si scoprono i fiori rossi delle peonie selvatiche e, dai 1700 metri in su, il candore delle orchidee selvatiche. A sud dell’altopiano si estende il paludoso Fosso dei Mergari, che taglia la pianura – ricoperta da un morbido tappeto destinato al pascolo di mucche e pecore – come una cicatrice (la fenditura è lunga 2 chilometri, larga 30 metri e profonda 10); accanto, cerchi concentrici disegnano le numerose doline della zona, conosciuta come “piano piccolo”. Nella parte settentrionale della pianura si estende il “piano perduto”, un luogo che deve il suo nome a un tragico fatto avvenuto nel 1522, quando l’esercito nemico sconfisse i soldati di Norcia.

IL LAGO DEGLI STREGONI
Domina l’altopiano la massa calcarea del monte Vettore, la cima più alta (2.476 metri) del parco dei Monti Sibillini, con i suoi canaloni e le sue grotte impervie. Dal borgo di Castelluccio, lungo un sentiero tortuoso, si raggiungono il lago carsico di Pilato (1.940 metri), caratterizzato da acque colore metallico, famoso già nel Medioevo come luogo di ritrovo di stregoni, e l’affascinante grotta della Sibilla. Proprio su queste incantevoli montagne, tra dirupi e sassaie, tra lecceti e conifere, fino a poco tempo fa viveva il lupo e, nei secoli addietro, ai tempi di Benedetto, il santo di Norcia, si aggirava persino l’orso bruno. La piana, il borgo, la Valnerina, i monti Sibillini appartengono all’antico mondo dei pastori, a una terra incontaminata di pendii, gole impervie e piane che si allargano come per miracolo. Appartengono all’Umbria romantica dei borghi arroccati che non conoscono il turismo di massa, le cui tradizioni e leggende si perdono nel tempo.

NORCIA
Costeggiando il fiume Sordo, miracolosamente sempre pulito, si arriva a Norcia, il centro principale della Valnerina. L’antica città, adagiata su una piana, appare tranquilla e solenne, come lo furono i suoi protagonisti: il condottiero Ufente, che secondo Virgilio combatté contro Enea; il generale Quinto Sertorio, reso immortale da Plutarco nelle sue Vite e l’inflessibile Vespasia Polla, madre dell’imperatore Vespasiano. Ma Norcia è soprattutto la città di Benedetto, abate del monastero di Vicovaro e fondatore nel secolo VI del primo ordine monastico occidentale nell’abbazia di Montecassino. La piazza centrale, a lui dedicata, ospita i monumenti più interessanti da visitare: la chiesa del santo, una basilica trecentesca dove vissero Benedetto e sua sorella Scolastica; l’edificio della Castellina e il Museo civico diocesano, situato di fronte al palazzo comunale con una loggia duecentesca e con una facciata di pietra chiara, nella quale spiccano il portale sormontato da un rosone e le nicchie con la statua del Santo.

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