SCIOPERI E INIZIATIVE
“Aspettiamo di vedere – aggiunge Conti – il decreto definitivo nell’incontro convocato dal ministro Bondi con i sindacati per il 6 maggio, ma dalle indiscrezioni che ci arrivano possiamo dire che è cambiato poco rispetto a un testo che non ci piace, che non riforma niente ed è solo distruttivo“. Conti, dopo aver partecipato all’assemblea dei lavoratori del settore al Teatro dell’Opera di Roma, annuncia altri incontri e manifestazioni nelle prossime ore e nei prossimi giorni. “Il 17 maggio – annuncia – faremo un’iniziativa nazionale con i membri, di maggioranza e opposizione, della settima commissione Cultura della Camera in cui discuteremo di questo decreto ma anche della legge di sistema dello spettacolo dal vivo e delle fondazioni sinfoniche. Inviteremo – conclude- anche i presidenti delle fondazioni, i rappresentanti dei comuni, dell’Anci e delle regioni“.
NESSUNA TRATTATIVA
Della stessa idea è Riccardo Catini, segretario nazionale della Uilcom, il sindacato di categoria della Uil che rappresenta i lavoratori dello spettacolo, “Non conosciamo ancora il contenuto del decreto firmato da Napolitano, ma nelle bozze che abbiamo visto c’era il totale esproprio del ruolo del sindacato e della contrattazione nazionale. Noi – continua Catini – non siamo mai stati coinvolti dal ministero in un confronto sulle fondazioni sinfoniche per migliorare la loro gestione, come avevamo pure chiesto, ma ci siamo trovati davanti questo documento“. Per il sindacalista, “se si vuole parlare di cattiva gestione, lo si può fare per quanto rigurda l’allestimento scenico, il cachet dei cantanti, ma ci si deve confrontare su queste cose“.
MUSICA E ARTISTI ITALIANI IN FUGA
Critica anche la posizione dell’Unione artisti Unams, la più grande organizzazione degli artisti da conservatorio e accademia in Italia, con Dora Liguori, il segretaio generale che dice: “Noi non siamo favorevoli al decreto firmato da Napolitano. Nelle fondazioni è sempre più scarsa la presenza della musica e degli artisti italiani. Noi -sottolinea- non vogliamo impedire che gli artisti stranieri vengano nei nostri teatri, ma volevamo una legge che tutelasse gli artisti italiani. Oggi – continua Liguori – la professione di artista uno se la deve scordare. Un tempo – ricorda – in ogni paese della penisola, anche nel più piccolo, si faceva musica, c’erano possibilità per gli artisti italiani. Oggi, invece, nei cartelloni degli spettacoli – conclude – si leggono solo nomi di artisti stranieri, che non dico che non dovrebbero lavorare, ma non dovrebbero essere di più di quelli italiani“.
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