Ci sono personaggi noti, come il finanziere polacco Romain Zaleski, l’ imprenditrice del caffé Maria Teresa Lavazza, l’ industriale farmaceutico Francesco Angelini, o Emma Castro, sorella di Fidel. Ma ci sono anche tante persone comuni tra gli oltre 1.600 partecipanti ai Campionati Europei di Bridge di Sanremo, inaugurati il 13 giugno e in corso fino al 27, giorno della sfida e della premiazione finale. Organizzati dall’ European Bridge League (i precedenti si sono svolti ad Antalya, Turchia nel 2007), i campionati di Sanremo si giocano al Palafiori, al Casinò e a Villa Ormond.
I tornei sono articolati per vari tipi di giocatore, donne, senior, open, misti, ci si iscrive senza bisogno di qualificazioni precedenti, pagando, secondo le categorie, tra i cento e i duecento euro. Si vincono medaglie e premi che vanno dai 400 ai 4.000 euro.
BRIDGE, UN GIOCO DEMOCRATICO
“Il bridge – dice Ruggero Piazza, presidente regionale ligure della Federazione Italiana Gioco Bridge – è un gioco democratico, pago pochi euro e posso sedermi al tavolo contro un grande campione“. In Italia i campioni non mancano, “nella classifica mondiale dei giocatori di bridge – spiega Piazza – i primi sei sono italiani. L’ Italia è campione olimpionico (la federazione è iscritta al Coni) ed europeo. Quando, una ventina d’anni fa, il governo olandese volle diffondere il gioco nel paese, chiamò a insegnarlo un grande giocatore italiano, uno dei più grandi di tutti i tempi, Benito Garozzo. Oggi in Olanda i giocatori di bridge sono circa 300.000 su poco più di 16 milioni di abitanti. L’ Italia ne conta 50.000. Direi che come densità siamo in una posizione mediana rispetto agli altri paesi europei”.
I REQUISITI PER GIOCARE A BRIDGE
Per giocare bene a bridge, secondo Piazza, occorrono “grande capacità di concentrazione, una mentalità matematico-statistica. La fortuna è ininfluente, nei nostri tornei tutti giocano con le stesse carte. Proprio per questa capacità di ragionamento richiesta, il bridge, come anche altri giochi, non solo favorisce la socializzazione, ma tiene viva l’ intelligenza negli anziani, ostacolando certi fenomeni degenerativi ed è formativo per i giovani, li abitua alla logica, alla razionalità. Infatti, sempre più spesso si insegna nelle scuole, nelle ore extracurriculari“.
UN DISCENDENTE DEL WHIST
Il gioco del bridge vanta radici antiche e deriva dal whist, praticato in Inghilterra sin dal XVI secolo, ma codificato in regole precise nel 1742 da sir Edmond Hoyle che pubblica a Londra il “Short Treatise”, un volume sulla tecnica del gioco. Un gioco ancora individuale, soltanto nel 1873 a Buyukdere sul Bosforo, infatti, nasce il whistbridge, praticato, come il bridge moderno, da quattro giocatori in due coppie contrapposte. Nel linguaggio bridgistico i giocatori vengono indicati con i punti cardinali Nord-Est-Sud-Ovest e la coppia si chiama “linea”: quindi le linee contrapposte sono Nord-Sud e Est-Ovest. Si gioca con 52 carte del tipo francese.
Il termine bridge sottolinea quel ponte ideale che viene a formarsi tra compagni di coppia, anche se alcuni storici sostengono che bridge sia una modificazione eufonica del termine russo biritch, con cui veniva denominato nel XIX secolo un gioco simile al bridge. Da semplice gioco, il bridge è diventato anche competizione e attività agonistica intorno al 1930, quando cominciano a costituirsi le varie leghe nazionali e i vari organismi internazionali che coordinano l’ attività e organizzano gare e campionati. Oggi il bridge conta oltre 1.500.000 agonisti e decine di milioni di appassionati in tutto il mondo.