Una serie di eccezionali scoperte archeologiche relative alle civiltà precolombiane sta caratterizzando una nuova campagna di scavi avviata in questi mesi in Perù grazie al contributo dell’Italia e al sostegno dell’Università di Milano. Ne danno notizia Emilia Perassi e Antonio Aimi, i due docenti del Dipartimento di Scienze del Linguaggio della Statale alla testa dell’équipe di studiosi che da circa un anno affianca Walter Alva, il più famoso archeologo peruviano, l’uomo che vent’anni fa scoprì la spettacolare tomba del Señor de Sipán, il Tutankamon delle due Americhe. L’elenco dei recenti ritrovamenti è impressionante ed è paragonabile alle più importanti scoperte che hanno segnato la storia dell’archeologia nell’Egitto dei Faraoni. Nella regione di Lambayeque, un’area costiera, pianeggiante e semidesertica nel nord del Perù, gli straordinari reperti sono venuti alla luce uno dopo l’altro nell’arco di pochi giorni.
Nella necropoli di Sipán – Huaca Rajada, non lontana dal Pacifico, sotto due grandi piramidi di mattoni solcate dalle piogge del Niño è stata trovata la tomba di un re-sacerdote di 1600-1700 anni fa, ricca di monili e oggetti rituali in rame dorato, ceramiche, emblemi, bellissimi ornamenti in forma di testa di giaguaro. Nella vicina località di Ventarrón è invece riapparso un tempio con il più antico dipinto d’America (un cervo in una rete, 2000 a.C.), mentre a Collúd è emerso un secondo tempio, forse coevo, dove è stato scoperto anche un bassorilievo con testa di felino e ‘becchi’ di ragno.
La maggior parte degli scavi è stata resa possibile dal progetto Prodesipán che l’Università di Milano ha promosso con la Caritas del Perú e con il Museo Tumbas Reales de Sipán. Finanziato con circa € 2,5 milioni provenienti dalla conversione del debito che il Perù ha contratto con l’Italia, Prodesipán ha messo in moto anche un importante programma sociale e culturale (al quale l’ateneo milanese crede molto) per sviluppare quest’area poverissima con un alto tasso di denutrizione.
Oltre a finanziare le attività archeologiche, il progetto ha consentito di fornire la zona di acquedotto e fognature nonché di istituire corsi di formazione per sviluppare un’economia basata sul turismo, che anche in Perù è uno dei settori trainanti. Attraverso il Fondo Italoperuano per la riconversione del debito (FIP), l’Italia sta inoltre realizzando il nuovo Museo de Sitio, che ospiterà i reperti appena scoperti. I lavori di questa prima fase si concluderanno in giugno con un convegno in cui saranno ufficializzati i risultati della campagna di scavi.
Questi straordinari ritrovamenti aprono numerosi interrogativi sulle culture preispaniche, per esempio sul significato simbolico del ragno, del cervo e di altre icone per il momento misteriose. Ma già lasciano immaginare un Perù antico del tutto diverso da quello fin qui ipotizzato. Antonio Aimi, noto per aver curato alcune grandi mostre di arte precolombiana tra cui quella di Palazzo Strozzi a Firenze nel 2003, già suppone che molte pagine di storia debbano essere riscritte.
“Era logico aspettarsi simili risultati”, dice di ritorno da Lambayeque, “La zona è costellata da grandi Huacas di mattoni e non era difficile ipotizzare che sotto vi fossero sia preziosi reperti archeologici sia autentici tesori d’oro e d’argento. Del resto nella regione ci sono alcune delle maggiori miniere d’oro del paese e la pianura è la più vasta tra tutte le aree costiere”. Anche l’economia e la geografia, insomma, aiutano a capire che l’area doveva essere uno dei centri chiave della storia peruviana, infinitamente più importante della pur celeberrima Machu Picchu.
“Sembra paradossale”, dichiara la professoressa Perassi, “ma l’esperienza del Perù antico che stiamo facendo a Sipán non impedisce affatto di entrare in contatto col Perù moderno. Anzi, ci stimola a continuare lo studio degli effetti che quest’immenso patrimonio archeologico sta producendo oggi nelle dinamiche socioculturali di quest’area del mondo”.
Immagine | Machu Picchu – Perù, di Silviopc, da Flickr Creative Commons, Licenza:CC-by