TRASPORTI. Ricerca Censis: i pendolari d’Italia sono quasi un quarto della popolazione
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Quasi un quarto della popolazione italiana vive da pendolare. In Italia i pendolari sono più di 13 milioni e hanno registrato con un vero boom fra il 2001 e il 2007, quando il loro numero è aumentato del 35,8%, pari a 3,5 milioni di persone in più. Si spostano soprattutto in automobile (circa il 70%) e in treno. I lavoratori italiani impiegano in media 72 minuti per gli spostamenti giornalieri di andata e ritorno, un tempo che corrisponde a 33 giornate lavorative all’anno. Fra le cause che hanno accentuato il pendolarismo non ci sono solo l’aumento degli occupati e degli studenti iscritti all’università ma anche un fenomeno di “diffusione abitativa” che ha cambiato le concentrazioni urbane e spostato molti cittadini nei comuni dell’hinterland. È questa la fotografia che emerge dalla ricerca del Censis “Pendolari d’Italia”. I pendolari in Italia sono più di 13 milioni, pari al 22,2% della popolazione residente, e sono aumentati fra il 2001 e il 2007 del 35,8%. Gli spostamenti quotidiani per motivi di studio o lavoro hanno conosciuto, rileva il Censis, una crescita straordinaria legata all’evoluzione sociale ed economica del paese: sono aumentati gli occupati, sono aumentati gli iscritti all’università e soprattutto si è dispiegato un fenomeno di “diffusione abitativa” che ha cambiato le aree urbane. Dal 2000 a oggi ci sono stati oltre 5 milioni di acquirenti di case: non solo boom immobiliare, perché il rincaro dei prezzi delle case ha spostato nell’hinterland ampie fette di popolazione. Si contano 2 milioni 138 mila pendolari metropolitani. Di giorno la popolazione delle 13 grandi città d’Italia (quelle con più di 250 mila abitanti) passa da 9 milioni 300 mila persone a 11 milioni 450 mila: più 23% quotidiano. LE GRANDI CITTA’. In particolare, rileva il Censis, i pendolari che ogni giorno entrano a Milano sono 592 mila (il 45,4% della popolazione residente nel comune); 291 mila a Roma (con un aumento della popolazione cittadina del 10,8%); 249 mila a Napoli (25,6%); 242 mila a Torino (26,9%). Gli stessi bilanci demografici delle grandi città segnalano l’erosione dei residenti, fra il 1991 e il 2006 sono diminuiti del 4,8% a fronte di un netto aumento dei residenti nei comuni della prima cintura (+ 9,3%) e, ancor più, della seconda corona urbana (+ 13,8%). Il pendolarismo in genere si manifesta a livello locale: per quasi l’80% i trasferimenti avvengono fra comuni della stessa provincia. La distanza percorsa è in media di 24 km. Il 28% dei viaggiatori pendolari copre invece giornalmente tratte superiori ai 25 km. In media si impiegano 43 minuti per ciascun tragitto mentre un terzo degli spostamenti pendolari richiede più di 45 minuti. I pendolari sono soprattutto impiegati e insegnanti (43%), studenti (23%) e operai (17,5%). PIU’ IN AUTO CHE IN TRENO. Nel viaggio del pendolare si conferma il ruolo predominante dell’automobile privata, usata da ben il 70,2% dei pendolari, soprattutto dai lavoratori (l’80,7% contro il 35,7% degli studenti). Il treno viene utilizzato dal 14,8% dei pendolari: più di 1,9 milioni di persone per i quali la ferrovia rappresenta l’unico mezzo di trasporto o viene usata in combinazione con altri mezzi. La percentuale sale notevolmente tra gli studenti (32,7%) e scende al 9,3% tra i lavoratori. All’ultimo posto si piazzano gli autobus extraurbani e le corriere, con una quota di mercato del 10,7%. QUANTO COSTA. La spesa mensile a carico dei pendolari, rileva il Censis, è in media di 45,30 euro per gli utenti degli autobus extraurbani e di 49,20 euro per chi viaggia in treno. Per chi va in auto sale considerevolmente: i pendolari automobilisti spendono 109,50 euro al mese solo per il carburante. Di conseguenza, calcola il Censis, un pendolare che usa l’automobile, va in autostrada, paga il pedaggio e parcheggia in un’area a pagamento può arrivare a spendere 2.265 euro all’anno, circa un decimo del reddito medio annuo. I DISAGI. Chi si sposta in automobile segnala come principali disagi “code e traffico congestionato”. Per il treno, invece, vale soprattutto il fattore “tempo”: partenza in ritardo dei convogli e arrivi oltre l’orario previsto. Il ritardo medio denunciato dai pendolari su rotaie è di 16 minuti per spostamento. Chi usa il treno in genere promuove l’accessibilità e la funzionalità dell’infrastruttura ferroviaria (raggiungibilità della stazione, velocità di marcia, frequenza delle corse, sicurezza dei convogli), segnala la possibilità di miglioramento su aspetti come sicurezza, informazioni, tempi di attesa, costi di biglietti e abbonamenti ma denuncia tutti i disagi legati alla qualità del viaggio: affollamento delle carrozze, scarso comfort, inadeguata climatizzazione, vetustà delle carrozze, scarsa pulizia degli scompartimenti e dei servizi igienici. Anche se un’ampia quota di pendolari che non si sposta in treno si dichiara favorevole a passare alla ferrovia, le città italiane scontano la scarsità di linee ferroviarie suburbane che diventa particolarmente rilevante se paragonata alle città europee: ci sono, ricorda il Censis, oltre 3.000 km di rete a Berlino, 1.500 km a Francoforte, 1.400 km a Parigi e solo 188 km a Roma, 180 km a Milano, 117 km a Torino e 67 km a Napoli. La crescita della domanda di collegamenti fluidi non è stata seguita da un adeguato sviluppo dei servizi di trasporto collettivo e invece è necessario, rileva il Censis, “far crescere un mercato della mobilità pendolare sostenibile nella sua componente principale, il vettore ferroviario, per ridurre i costi sociali, economici e ambientali prodotti dagli spostamenti dei pendolari, investendo di più sul ferro nei nodi urbani e attraverso politiche tese allo sviluppo dell’intermodalità”.